Una
rubrica sulle eccellenze Piemontesi nasce
con lo scopo di diffondere le molteplici eccellenze di questo
territorio. Torino e il Piemonte non solo sono all’avanguardia del progresso
industriale e tecnologico, ma vantano anche un’ottima cucina.
Oggi,
naturalmente con la globalizzazione gli usi e i costumi delle classi sociali si
confondono, la vecchia cucina dell’aristocrazia e della borghesia si fonde e si
confonde con la cucina popolaresca, montanara, contadina. Si è così raggiunto
un eclettismo edonistico e consumistico che piace a molti. Tuttavia la
caratteristica delle più gustose pietanze piemontesi risiedeva proprio nella
loro immobilità topografica: dovevano essere preparate e assaggiate ciascuna
nel suo paese d’origine, ciascuna nel ristretto e ben definito territorio di
produzione, cucinate con gli ingredienti del luogo e innaffiate con il vino
locale, l’unico ritenuto degno.
Viaggiando
qua e la nella Langhe,nel Monferrato, su e giù per le innumerevoli valli delle
Prealpi e delle Alpi, nel Cuneese, nel Canavese, nel Biellese, nella Val di
Susa, scopriamo a poco a poco che la stessa ricetta subisce in ogni angolo
straordinarie e rigidamente codificate varianti. Per esempio la famosa Bagna
Cauda: nel Monferato l’aglio lo si tratta con infusioni di latte, nell’Albese
lo si pesta con il mortaio, in altri posti all’aglio, all’olio, al burro e alle
acciughe si aggiunge un bicchiere di Barbera.
La
polenta cunsa cioè condita con fontina, toma magra e fresca, burro, parmigiano,
pepe e sale, e così le plin-ne, castagne accuratamente pelate e saltate in una
speciale padella a buchi, appartengono esclusivamente al Biellese.
La
paniscia, risotto con fagioli sgranati di Saluggia, lardo, salamini, ecc
esclusivamente alla Bassa Vercellerse.
Le
anguille in gelatina in certi paeselli tra Torino e la collina.
Senza
parlare dei cibi preparati: dalla carne secca di Melezet, nell’alta Val di Susa,
oltre Bardonecchia; carne di manzo maturata all’aria delle Alpi e superiore a
qualunque più celebrata bresaola.
Esiste
poi tutta un’infinita varietà di tome,
di robiole, di formaggi freschi o stagionati: dal formidabile Castelmagno delle
Val Grana o del suo simile Murianengo del Moncenisio, che nulla hanno a che
invidiare in preziosità o potenza ai migliori Roquefort o Stilton, fino ai
tumin, agli umili tumin che maturano più o meno a lungo in barattoli di vetro,
nelle più diverse combinazioni di infuso: olio, aceto, pepe, peperoncino, e che
una volta si chiamavano semplicemente tumin fort, poi, all’inizio del secolo,
quando il gas fu sostituito dalla luce elettrica, tumin elettric, e finalmente
oggi, dato che per fortuna non sono scomparsi, tumin atomic.
Alcuni
principi tuttavia rimangono fermi attraverso il tempo. Il solo olio usato per
secoli in tutto il Piemonte fu l’olio di noci, si passò poi al burro che ancora
adesso regna sovrano.
I
ghërsin, i grissini lunghi, sottili, gustosissimi. Friabili, croccanti, furono
inventati sul finire del secolo XVII dal
fornaio torinese Antonio Brunero: si fanno a mano e occorre una spiccata
abilità, un annoso addestramento.
I
peperoni senza rivali si coltivano sempre a Carmagnola, gli asparagi supremi a
Santena, e il vitel da fassùn, vitelli detti anche della coscia o a groppa di
cavallo, nutriti con una dieta speciale, e in particolare con abbondanza di
uova fresche, si allevano soltanto nelle grasse praterie tra Carmagnola,
Savigliano e Fossano.
Accanto
a questi piatti di origine tipicamente contadina, ne troviamo degli altri
deliziosi e più borghesi come gli
spinaci alla francese coste o cardi o anche patate al gratin, agnolotti,
zucchine e tinche in carpione, i bas-de-soi, letteralmente calze di seta; zampetti di
maiale bolliti e lasciati in infusione tutta la notte, scolati e impanati con
grissini pestati e poi fritti nel burro; la fonduta con i tartufi (quando è
stagione di tartufi), gli gnocchi di patate alla bava (formaggio e burro), gli
asparagi alla parigina con le uova sopra, il famoso brasato al Barolo , ecc.
Per
non parlare poi della pasticceria, i diablutin, i gianduiotti, i marron glacès,
le caramelle sono principalmente torinesi, mentre ogni cittadina del Piemonte,
ogni grosso borgo ha la sua specialità dolce. Ricordiamo almeno i turcetin
(torcetti) di Rivoli e le paste d’melia (paste di meliga), gialle, rotonde,
rigate di solchi concentrici, inebrianti nella forza del loro sapore, che si
fanno a Gischia di Giaveno e a Germagnano sopra Lanzo.
Venite
con me a scoprire tutto questo…
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