venerdì 28 luglio 2017

Gnocchetti di patate alla montanara - Omaggio a Francesco Cirio

Pochi sanno che la conosciutissima marca  Cirio è nata in Piemonte. Il suo fondatore
Francesco Cirio nacque a Nizza Monferrato (Asti) il 25 dicembre 1836.
Il padre era un modesto commerciante di granaglie ed il contatto con questo ambiente segnò profondamente il piccolo Francesco che, stupendo per capacità ed intraprendenza, a soli 14 anni era già attivissimo nel mercato ortofrutticolo di Porta Palazzo a Torino
Dai mercati londinese e parigino giungeva all'epoca una crescente domanda di primizie italiane fresche, che spesso rimaneva insoddisfatta. Da questa osservazione, l'intuito portò il giovane Cirio ad avviare un commercio di frutta e ortaggi verso le città transalpine e britanniche. 
In pochi mesi divenne così il più importante esportatore agricolo del Piemonte.
Nel 1856, all'età di 20 anni, Francesco Cirio fu tra i primi al mondo a dare credito alla crescente tecnica dell’appertizzazione (l'inventore era, infatti, il francese Nicolas Appert), e con questo metodo di conservazione superò i problemi legati alla deperibilità dei prodotti ortofrutticoli. A soli 20 anni creò così a Torino il primo stabilimento Cirio, e, partendo dall'enorme successo ottenuto inizialmente con i piselli, allargò il campo a diversi altri prodotti alimentari, lanciando un'impresa fiorente in grado di esportare in tutto il mondo.

INDUSTRIALE, COMMERCIANTE, IMPRENDITORE AGRICOLO
Dopo l'Unità d'Italia aprì alcuni stabilimenti conservieri anche nel Mezzogiorno e si impegnò  personalmente nel recuperare produttivamente vaste aree agricole abbandonate, convertendole alla coltivazione di prodotti da destinare sia al mercato del fresco sia alle sue fabbriche. 
Alla sua morte, il 9 gennaio del 1900, l'industria "Cirio - Società Generale delle Conserve Alimentari" era ormai già una delle più grandi e prestigiose aziende agro-alimentari d'Europa.
Nel 2004 Cirio passa nelle mani del Gruppo Cooperativo Conserve Italia, leader europeo dell’industria conserviera consolidando il suo posizionamento di Marchio “Made in Italy”, un prodotto 100% italiano “certificato”, con 160 anni di esperienza.
Generazioni intere sono cresciute consumando i prodotti Cirio, un marchio sinonimo di garanzia di genuinità e di bontà e soprattutto di italianità. La materia prima utilizzata è coltivata e lavorata esclusivamente in Italia.
Ho realizzato questa ricetta, tipica della provincia di Biella con la passata Verace Cirio in onore al suo fondatore.



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Ingredienti per 4 persone:

Per gli gnocchi

1 kg di patate a pasta gialla e farinose
250 gr di farina
1 uovo
Sale q.b.

Per il sugo
Una bottiglietta di Passata Verace Cirio
200 gr di pancetta
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
50 gr di Toma stagionata grattugiata
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Lessate le patate mettendole al fuoco con la buccia in una pentola piena d’acqua fredda salata. Lasciatele cuocere finché potrete bucarle facilmente con una forchetta (30/35 minuti), quindi sbucciatele e passatele, ancora calde, allo schiacciapatate direttamente sopra il tavolo, aggiungete la farina e formate la fontana al centro. Deponeteci  il sale e l’uovo. Impastate con cura e velocemente, fino a ottenere una pasta soffice (se è troppo molle, aggiungete un po’ di farina). Raccoglietela a palla.
Formate un rotolo, tagliatelo a fette spesse circa 2 cm.
Su di un piano infarinato arrotolate con le mani le singole fette, formate un rotolino spesso un dito e ritagliate gli gnocchi più o meno di due cm. l’uno. Passateli con l’aiuto del pollice sui rebbi di una forchetta per dargli la caratteristica forma e cospargeteli di farina per evitare che si attacchino tra loro.
Pulite e tritate  la cipolla con l’aglio. Tagliate la pancetta a cubettini.  Mettete tutto in una casseruola con 3 cucchiai d’olio e fate rosolare, aggiungete la passata di pomodoro, salate, pepate e cuocete per circa 20 minuti, lasciando addensare il sugo.
Lessate gli gnocchi in abbondante acqua bollente salata e, quando verranno a galla, scolateli e tuffateli nella casseruola con il sugo. Fate insaporire per un paio di minuti, spolverizzate con la Toma grattugiata  e servite subito.

Buon appetito!



lunedì 24 luglio 2017

Tonno di coniglio - Tounn ëd cunij

Il tonno di coniglio è un’antica ricetta tipica del Monferrato. Deve il suo nome al fatto che la carne di coniglio, una volta cotta, viene messa a macerare nell’olio, esattamente come il tonno e in egual maniera le sue carni diventano tenere e saporite.
Dal punto di vista nutrizionale, la carne di coniglio appartiene alla categoria delle cosiddette “carni bianche”. E’ povera di colesterolo ma ha un alto contenuto proteico, è povera di grassi ed è ricca di vitamina B12 di potassio, fosforo e magnesio. Scarseggia invece di  calcio e sodio mentre risulta essere molto ricca di ferro, con una percentuale ogni 100 gr di prodotto di poco inferiore a quella della carne di bovino.



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Ingredienti per 4 persone:

1 coniglio di circa 1 kg
1 carota
2 coste di sedano
1 cipolla
2 chiodi di garofano
12 foglie di salvia
2 spicchi d’aglio
½ litro di olio extravergine (circa)
Sale q.b.
Pepe in grani q.b.

Procedimento

Lavate il coniglio e mettetelo in una capiente pentola, aggiungete la cipolla steccata con i due chiodi di garofano, la carota, le coste di sedano, e due foglie di alloro. Portate ad ebollizione, salate  e lasciate cuocere finché risulterà tenero (tra i 60 per i conigli d’allevamento e i 90 minuti per quelli di fattoria)

domenica 16 luglio 2017

Confettura di Ramassin - Marmlada d'Ramassin

Il Ramassin del Saluzzese fa parte del gruppo delle susine cosiddette “Siriache”, originarie della Siria. Il frutto di piccole dimensioni ha un  colore blu violaceo e una volta maturo tende a cadere a terra. Questa caratteristica fa sì che venga tradizionalmente raccolto a terra, solo quando i frutti hanno raggiunto la piena maturazione, e venga commercializzato senza classi qualitative di grandezza o peso. Si tramanda che la vendita tradizionale non avvenisse a peso, ma bensì “al palot”, cioè un tanto per ogni piccola pala di susine. Il frutto, oltre che per le piccole dimensioni, si differenzia dalle comuni susine per la sua dolcezza e per la sua aromaticità che lo rendono inconfondibile. E’ una specie molto rustica che richiese poche cure e si mostra poco esigente anche in termini di difesa fitosanitaria.
La coltivazione è talmente antica che non esiste una documentazione specifica ma solo testimonianze della sua coltivazione negli archivi comunali del saluzzese.
L’etimologia araba del termine Ramassin, che sta ad indicare la capitale siriana Damasco, sembra ricondurre l’introduzione della specie al periodo delle invasioni dei saraceni o al periodo delle crociate in Terra santa.
In Piemonte la diffusione della coltura la si deve, inizialmente, all'opera dei Frati Benedettini provenienti dalla Francia nelle zone collinari del torinese e del chierese e solo successivamente avvenne la diffusione della specie nel saluzzese.
La Valle Bronda divenne un importante centro produttivo e commerciale del prodotto a tal punto che nel periodo di raccolta si tenevano ogni sera due mercati completamente dedicati al Ramassin: uno nel comune di Pagno e l’altro nel comune di Saluzzo nella Frazione di S. Lazzaro.
Nel 2006 è stato costituito da alcuni produttori il “Consorzio di promozione e valorizzazione del Ramassin del Monviso-Valle Bronda”.


I Ramassin che ho utilizzato per questa confettura (si può chiamare marmellata solo quella di agrumi, le altre sono denominate confetture) arrivano dall’albero che si trova nel mio orto in quel di Sommariva del Bosco (CN) e sono di una dolcezza incredibile e assolutamente bio.



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Ingredienti per 4 vasetti da 250 gr tipo Bormioli.

1800 gr di Ramassin
900 gr di zucchero di canna
1 limone
50 ml di vino bianco dolce tipo Moscato

Procedimento.

sabato 8 luglio 2017

Ciliegie di Pecetto al Barolo

La coltivazione del ciliegio é stata introdotta nella Collina Torinese dagli antichi Romani nella loro colonia di Carreum Potentia (l’attuale Chieri) e, secondo storici locali, i Savoia e gli eremiti Camaldolesi del’Eremo  nei secoli XVII e XVIII contribuirono a diffonderla nella zona di Pecetto; i primi come pastura e richiamo per gli uccelli  per le loro cacce, i secondi per fare confetture, liquori (ratafià) e decotti con le foglie.
Nel XIX secolo la coltivazione del ciliegio era una produzione secondaria ma molto importante per l’economia famigliare agricola.
Il mercato delle ciliegie si svolgeva a Pecetto sulla via Maestra (oggi via Umberto I) all’ombra della Chiesa dei Battù, dove le ciliegie trovavano posto insieme a uova, animali di bassa corte, ortaggi e altra frutta nelle ceste che le massaie portavano in spalla.
I ciliegi erano coltivati come tutori alle testate dei filari di vite e nei piccoli prati esistenti lungo i rii; le varietà allora coltivate erano le cirese (ciliegie tenerine o semplicemente ciliegie) la Viton-a, la Nejran-a(oggi ridotta a pochi soggetti), la Molan-a;
tra i grafion (duroni):il Grafion neir (oggi scomparso), il Grafion bianc  e poi la Griota.
Nel 1899 l’arrivo della peronospora sulle vigne che coprivano la collina di Pecetto ne compromise la vitalità e la produzione, stimolando alcuni notabili Pecetesi, tra cui l’avv, Mario Mogna, a ricercare una alternativa alla monocoltura vitivinicola a favore del ciliegio
Senz'altro la vicinanza al "mercato" di Torino era un fattore molto importante per un frutto così delicato, in tempi in cui i trasporti erano a traino animale.
L'ambiente pedo-climatico si era dimostrato molto favorevole alla produzione cerasicola. Infatti la giacitura collinare esposta a Sud, riparata dai venti freddi settentrionali ed elevata sulla pianura umida, nebbiosa, con correnti e gelate tardive, costituisce un microclima frutticolo ideale.Fu così che a cominciare dal secondo lustro del novecento si incrementò l'impianto di ciliegi.
Nel 1916, mentre i giovani erano in guerra (quindi con carenza di mano d'opera) e i nuovi impianti iniziavano a produrre, il nuovo Sindaco Mario Mogna istituì il Mercato delle Ciliegie pomeridiano
Il 1926 ancora una data significativa: muore il grande promotore Mario Mogna e arriva anche a Pecetto la Fillossera che  distrugge le vigne, ma la strada è tracciata. Una parte dei vigneti vengono sostituiti con ceraseti e si realizza il grande sviluppo, sostenuto negli anni trenta dai tecnici della Cattedra Ambulante di Agricoltura che introducono nuove varietà - la Martini (introdotta appunto dal Prof. Martini), la Vigevano - e sostenuto ancora da una forte promozione, che crea lo slogan "Pecetto - Paese delle ciliegie", rimasto nell'immaginario piemontese.
Il Mercato delle Ciliegie di Pecetto divenne il mercato alla produzione e il centro di riferimento per la cerasicoltura che si andava affermando nei comuni confinanti di Revigliasco, Pino, Chieri, in parte anche di Trofarello e poi, con la diffusione della motorizzazione a metà anni '50, di Baldissero, Pavarolo, Bardassano (Gassino), Sciolze, Montaldo e oltre ancora, fin a Revigliasco d'Asti. Frequentato da commercianti grossisti del MOI (Mercato Ortofrutticolo all'Ingrosso - "i Mercati generali") e dettaglianti di Torino.
La raccolta comportava un lavoro notevole per cui si dedicava tutta la famiglia coltivatrice, i pecettesi non altrimenti impegnati e poi arrivavano i ciresè, descritti dalla Maestra Cristina Masera di Trofarello che si incaricava di andare a contattarli.
"Erano uomini dal comportamento meraviglioso che, con il maturare delle ciliegie, lasciavano le loro case sulle montagne del Cuneese (in specie Saluzzese) per giungere a Trofarello e nei paesi dei dintorni a raccogliere ciliegie, amarene e duroni. Con il loro arrivo, le colline si animavano di canti che echeggiavano da un podere all'altro come un richiamarsi quasi per riconoscersi e sentirsi più vicini. E poi , alla sera, dopo una giornata di 12-13 ore passate su scale di legno lunghe di molti metri oltre la decina, si ritrovavano tutti insieme a parlare, cantare, discutere davanti ad un bicchiere di vinello."
La "campagna delle ciliegie" (la stagione di raccolta) durava dai 20 ai 40 giorni.
Nel 1983 nasce l’Associazione FACOLT (Frutticoltori Associati della Collina Torinese) per iniziativa dei Comuni di Pecetto e di Trofarello, di un gruppo di frutticoltori dei due comuni e dei locali C.A.T.A. (Centri di Assistenza Tecnica Agricola) ha impresso nuovo slancio e sviluppo alla cerasicoltura.
Ha permesso e facilitato una collaborazione più stretta e organica con il Comune di Pecetto, l'Università di Torino, la Provincia, gli stessi C.A.T.A. e in un secondo momento direttamente con la Regione per la sperimentazione cerasicola presso il Campo Sperimentale Regionale C. Gonella di Pecetto.
Questa attività ha portato una grande innovazione nella cerasicoltura della Collina Torinese: introducendo nuove varietà, o meglio cultivar, con le quali si è allungata notevolmente la stagione cerasicola con ciliegie di qualità e diffondendo metodi di conduzione agronomica e difesa dalle malattie eco-sostenibili, ora inseriti nel disciplinare di produzione delle Ciliegie di Pecetto.  Attualmente sono state riconosciute come
Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT), e l'inclusione delle stesse nel Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino.
Sotto questo marchio la FACOLT promuove le Ciliegie di Pecetto per il consumo fresco, produce i classici Grafioni sotto Spirito, il Ratafià di Grafioni e incentiva le altre trasformazioni: confetture, marmellate, ciliegie sciroppate, sciroppi.





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Ingredienti per 4 persone:

800 gr di ciliegie
320 gr di zucchero
½ litro di vino Barolo
Panna montata q.b.
Amaretti secchi q.b.

Procedimento

sabato 1 luglio 2017

Frità rognosa - Frità rugnusa

La frità rognosa  (Frità rugnusa) è una ricetta tipica piemontese della Langhe e del Monferrato. E’ una sinfonia di sapori per il palato e un trionfo dell’odorato  per l’intenso aroma che unisce il gusto pieno del salame con l’acidulo del formaggio e la freschezza degli aromi. Rallegra la tavola con i suoi colori vivaci.





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Ingredienti per 4 persone:

5 uova
150 gr di salame
80 gr di robiola fresca
4 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
Basilico,timo, menta
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento.