mercoledì 27 dicembre 2017

Insalata russa

Ecco un altro grande classico della cucina piemontese, facilissima da realizzare richiede solo una trentina di minuti più trentacinque minuti di tempo di cottura delle patate e delle carote.
L’autore della prima insalata russa fu realmente un russo: Lucien Olivier, di origine belga, in servizio presso il prestigioso ristorante “l’Hermitage” di Mosca. La sua creazione non prevedeva molte verdure, ma ostriche, caviale e gamberetti mischiati con la maionese.
Fu a Racconigi che, durante un pranzo offerto dallo zar Alessandro II, l’insalata venne presentata in una versione più mediterranea, abolendo il caviale e le ostriche e aggiungendo molti ortaggi.
Così rinnovata, ebbe molto successo, tanto da raggiungere i ristoranti parigini, che la definirono “macedoine piemontaise”.
Tornò quindi anche sulle tavole dei moscoviti , dove venne battezzata come “insalata italiana” per distinguerla dalla variante precedente che, per ironia della sorte si continuò a chiamare “insalata francese” in ricordo del nome un po’ gallico dell’inventore, che francese non era.
Esistono altre scuole di pensiero che vogliono far risalire la sua invenzione al cuoco del diplomatico tedesco Von Reusse, altri ancora, come Sandro Doglio nel suo “Dizionario di gastronomia del Piemonte” tagliano corto, ricordando che il termine “alla russa”, a quei tempi, indicava semplicemente “mescolanza” “confusione”
Qualunque siano le sue origini resta il fatto che è giunta fino a noi in tutta la sua impagabile bontà!

Fonte: Storie del putagé di Massimo Battaglio
             Ed. WML Edizioni


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Ingredienti per 6 persone:

Per la maionese:

2 rossi d'uovo 
Olio extravergine
Succo di un limone 
Sale q.b.


Per l'insalata russa:
1 kg di patate
5 carote medie
 
100 gr di piselli (o una scatoletta piccola) 

1 vasetto di sottaceti vari.
160 gr di ottimo tonno sottolio 

Sale q.b.


Procedimento

Lavate le carote e le patate e fatele cuocere in acqua leggermente salata per  trenta minuti . Nel frattempo preparate la maionese. Sbattete i rossi d'uovo con un pizzico di sale e aggiungete l'olio a filo, lentamente, fino a veder montare le uova (trucco per evitare che impazzisca, le uova devono essere fredde di frigo). Continuate ad aggiungere l'olio fino a raggiungere il quantitativo desiderato. Aggiungete, sempre poco alla volta,  il succo del limone.
Mettete in una terrina le verdure e i sottaceti tagliato a tocchetti, aggiungete il tonno . Condite con l'olio, un po' di sale e qualche cucchiaio di maionese. 





Componete il piatto e stendete sopra la maionese rimasta.

mercoledì 20 dicembre 2017

Quaglie ripiene

La quaglia italiana è un uccello comunemente utilizzato a scopo alimentare, sia per le sue carni, sia per le sue uova; è tonda e di piccole dimensioni, lunga pressappoco una ventina di centimetri per circa un ettogrammo di peso (a seconda della Specie o dell'incrocio). Presenta un piccolo becco ricurvo al vertice, una coda minuta ed un piumaggio variegato dal bruno al giallastro, sfumato più in chiaro e più in scuro.
E’ un uccello migratore parecchio diffuso. In Europa come in Asia è assente solo nelle fasce artiche e ai vertici delle fasce subartiche; nel periodo autunnale si sposta in branco verso sud (fasce equatoriali), mentre in primavera ritorna nei luoghi di origine.
La carne di quaglia (frutto della media anatomica) è magra, ma non magrissima; l'apporto di lipidi  rappresenta la carne provvista di pelle. Infatti, contrariamente alla carne di pollo, quella di quaglia con pelle NON raggiunge livelli di grassezza tali da comprometterne eccessivamente l'apporto nutrizionale. Il contenuto in colesterolo è invece nella media.
Le proteine della quaglia sono abbondanti e ad alto valore biologico, mentre i glucidi sono assenti.
L'apporto energetico complessivo della carne di quaglia è moderato ma comunque superiore a quello del puro petto (di quaglia stessa o riferito ad altre specie aviarie).
Tra i sali minerali, quello più importante è il ferro, elemento generalmente poco presente (ed auspicabile) nel regime alimentare di chi soffre di anemia sideropenica.
Per quel che concerne le vitamine, invece, spicca il contenuto della idrosolubile PP anche detta niacina.
Come anticipato, della quaglia si consumano sia le carni, sia le uova.
Carne di quaglia: la quaglia rientra (o meglio, rientrava) tra le abitudini alimentari stagionali dell'italiano medio, anche se con il cambiamento dello stile di vita (più frenetico), la globalizzazione gastronomica e l'aumento dei prezzi, il suo consumo va gradualmente scemando.
La quaglia si può consumare in diversi modi; pur essendo considerata selvaggina(quindi carne nera), non necessita  di frollatura o marinatura .
NB. Della quaglia si mangia anche la pelle che, in cottura, aiuta a mantenere tenera la polpa.
Le uova di quaglia si utilizzano come quelle di gallina, ma sono più delicate e meno ricche di colesterolo, sono piccole con un guscio picchiettato di scuro.
La proporzione con quelle di gallina è 1 a 4, quindi 4 uova di quaglia corrispondono a 1 uovo di gallina piccolo.
Non provocano le eruzioni cutanee e le allergie che possono, a volte, causare le uova di gallina, soprattutto nei bambini.


            Dott. Ciro Vestita – nutrizionista




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Ingredienti per 4 persone

8 quaglie
250 gr di carne di manzo macinata
200 gr di  salame Piemonte IGP
8 fette di Pancetta
2 cucchiai di Parmigiano Reggiano
1 uovo
1 bicchiere di vino bianco secco
Pangrattato q.b.
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
2 rametti di rosmarino
3 foglie d’alloro
3 cucchiai di prezzemolo tritato
Sale e pepe q.b.

Procedimento
Lavate le quaglie internamente ed esternamente e tamponatele con la carta da cucina.
Preparate il ripieno.
Tritate il salame e mettetelo in una ciotola. Aggiungete la carne tritata, l’uovo, il Parmigiano Reggiano, il trito di prezzemolo, sale, pepe e il pangrattato.
Amalgamate il tutto fino ad ottenere un composto morbido e omogeneo, se fosse ancora troppo morbido aggiungete ancora un po’ di pangrattato.
Farcite le quaglie con il composto e chiudetele con uno stuzzicadenti.
Legate le zampette tra loro con lo spago da cucina.
Massaggiate esternamente con del sale e dell’olio.
Avvolgetele nelle fette di pancetta.
Mettetele in una teglia ben oliata, distribuite gli aghetti di rosmarino e le fogli di alloro spezzettate.
Infornate  a 180°C (forno già a temperatura), dopo circa 10 minuti bagnatele con il vino bianco e proseguite la cottura ancora per 35 minuti fino a quando risulteranno ben dorate.
Servite subito sopra una fetta di polenta grigliata.




lunedì 18 dicembre 2017

Cappone di Morozzo al forno

Il consumo di carne di cappone è particolarmente diffuso durante il periodo delle feste natalizie e comunque in genere nei mesi invernali quando il cappone viene usato per alcune ricette tipiche come il brodo o il bollito misto; in realtà se il cappone è di ottima qualità è bene cucinarlo al forno per gustare appieno le sue qualità.
Il cappone è un gallo che viene castrato all’età di circa due mesi con lo scopo di migliorare la bontà delle sue carni.
Questa pratica ha origini antichissime, se ne ha notizia già nell’Antica Cina e all’epoca dei greci e dei romani e, probabilmente , si rese necessaria per rendere i galli più facili da addomesticare.
Nel 162 d.C. fu emanata nell’Impero Romano la Lex Faunia che proibiva ai contadini di mettere all’ingrasso le galline per risparmiare le razioni di cereali e di grano. I contadini ovviarono al problema iniziando a castrare i galli che crescevano con un peso maggiore rispetto alle galline e quindi con più carne da consumare.
La diffusione del consumo del cappone aumentò nel corso dei secoli e nel Medioevo divenne un alimento pregiato consumato dai ceti più abbienti.
Oggi il suo consumo è diffuso in tutto il mondo, in particolae modo in Francia (notissimo il Chapon de Bresse), in Spagna e in Italia.
Da noi il consumo del cappone è maggiore nelle regioni del Nord e del centro (Friuli, Lombardia, Piemonte, Toscana e Marche).
In Italia attualmente non ci sono capponi certificati secondo i criteri UE, ma esistono altre certificazioni come il Cappone di Morozzo, Presidio Slow food.
La razza utilizzata per il “Cappone di Morozzo” è la nostrana biotipo scuro di Cuneo. Le caratteristiche morfologiche sono il piumaggio lucente e variopinto, sinonimo di buona salute, testa piccola e di colore giallo arancione, pelle di colore giallo indice di un congruo ingrassamento ed un peso variabile tra i due e tre Kg.
Dal 1999 il “Cappone di Morozzo” è stato dichiarato primo Presidio di Slow Food che, con questa iniziativa, ha inteso salvare e promuovere un prodotto agroalimentare qualitativamente eccellente e sostenere la piccola economia di un paese che da sempre lega il suo nome a questo animale ed alla fiera invernale.




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Ingredienti per 6/8 persone

1 bicchiere di vino bianco secco
Olio extravergine d’oliva q.b.
Un bicchiere di brodo
Qualche rametto di rosmarino, timo, salvia
Mezzo limone
3 spicchi d’aglio
Sale e pepe q.b.

Procedimento
Accendete il forno a 180°C.
Lavate il cappone e tamponatelo con carta da cucina.
Massaggiatelo con olio , sale e pepe.
Farcite la parte interna con le erbe aromatiche, l’aglio, qualche grano di pepe e il mezzo limone tagliato a spicchi.
Legate il cappone con spago da cucina in modo da tenere unite al corpo le ali e le cosce.
Mettete il cappone in una pirofila ,infornate e fate dorare bene da ambo i lati, sfumate con il bicchiere di vino e bagnate il cappone con il brodo.