lunedì 14 agosto 2017

Peperoni quadrati di Carmagnola ripieni

Carmagnola è una delle capitali italiane del peperone, o meglio di quattro diverse tipologie di peperone: il Quadrato (quasi un cubo, con quattro punte), il Corno o Lungo (un cono molto allungato), il Trottola (a forma di cuore), il Tomaticot (ibrido tondeggiante schiacciato ai poli come un pomodoro, tomatica o pomatica nei dialetti subalpini). L’oggetto del Presidio Slow Food è il Lungo, nel Carmagnolese sempre chiamato Corno di Bue.
Un peperone che ha colori splendidi (giallo intenso o rosso vivace) e forma conica molto allungata (oltre i 20 centimetri) con tre o quattro lobi (modellata sullo spagnolìn primordiale, il peperone oblungo giunto dalle Americhe).
Fin dalla sua introduzione, risalente all'inizio del Novecento, la coltura intensiva del peperone nell'area circostante Carmagnola ha riscontrato un grandissimo interesse tra gli operatori agricoli, in quanto le ottime rese assicurate dalle ideali condizioni pedoclimatiche dell'area hanno garantito buoni redditi. Se si considera poi che, fin dopo la seconda guerra mondiale, la gran parte della popolazione attiva era dedita all'attività agricola, è facile intuire quanto il peperone sia stato importante per l'economia locale. Per forza di cose, con il tempo, l'interesse per il peperone è diventato parte integrante della cultura locale. L'acquisizione di formazione ed esperienza nel settore specifico da parte degli operatori agricoli ha fatto sì che il peperone entrasse come protagonista nella storia e nella vita di tutti i giorni a Carmagnola. Ne sono testimonianza le manifestazioni, le fiere, l'arte e gli aneddoti, spesso incentrati sul peperone, per non parlare della cucina locale, che si caratterizza fortemente per la presenza quasi ossessiva di questo ortaggio.




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Ingredienti per 4 persone:

5 peperoni quadrati di Carmagnola piccoli
3 etti di carne di manzo tritata
2 zucchine piccole
1  uovo
Una decina di olive denocciolate
150 gr di Toma di Bra  tenero (o altro formaggio fondente)
Qualche rametto di prezzemolo
Olio extra vergine di oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Accendete il forno a 180°
Lavate e pulite quattro peperoni e tagliate la calotta.
Tagliate a cubetti il formaggio.
Spuntate  gli zucchini e riduceteli a dadini insieme al quinto peperone , tagliate le olive a rondelle.
In una ciotola mettete la carne tritata, l'uovo, il prezzemolo, gli ortaggi, le olive e il formaggio, salate.
Amalgamate bene  tutto e riempite i peperoni. Metteteli  in una pirofila e versate a filo un po’ d’olio. Infornate  per 30 minuti (forno già caldo), poi togliete la pirofila dal forno  e disponete alcuni dadini di formaggio su ogni peperone  coprite con le calotte, infornare ancora per 7/8 minuti. 

martedì 1 agosto 2017

Storia del Gianduiotto



Torino è famosa per i suoi cioccolatini ed in particolare per i Gianduiotti.
A fine Settecento a Torino si era creata una vera tradizione di cioccolatai che producevano circa 350 chilogrammi di cioccolato al giorno. Il cacao veniva importato dagli inglesi.
 Il 21 novembre 1806 Napoleone Bonaparte decretò il cosiddetto Blocco Continentale che vietava il commercio tra i Paesi soggetti al governo francese e le navi britanniche. Il Piemonte fin dal 1798 e fino al 1814 fu sottomesso alla dominazione napoleonica per cui, a causa di questa decisione, il commercio del cacao, importato dalle colonie inglesi, subì un notevole ridimensionamento mettendo seriamente in crisi il settore.
Da quella che sembrava una catastrofe nacque invece il cioccolatino più famoso, che fu anche il primo ad apparire sulla scena mondiale.
A seguito di quello che oggi chiamiamo “embargo”  il prezzo del cacao salì  a cifre vertiginose; in Piemonte la richiesta era elevatissima e urgeva una soluzione per far fronte al problema.
Torino consumava il cioccolato  da quasi 250 anni, cioè da quando Emanuele Filiberto di Savoia era tornato dalla pace di Chateau Cambresis del 1559 con dei semi di cacao,
Fino ad allora in tutto il mondo, il cioccolato veniva consumato esclusivamente come bevanda liquida.
Un imprenditore illuminato Paul Caffarel, di origine valdese, e proprietario di una fabbrica nel quartiere di San Donato a Torino, perfezionò una macchina che gli permise di creare il primo cioccolatino della storia.
Cioccolato solido ottenuto con una miscela di cacao, acqua, zucchero e vaniglia.
Nel 1852 il figlio di Caffarel, Isidore, fuse la fabbrica con quella di un altro importante imprenditore del settore dolciario, Michele Prochet. Nacque così la Caffarel-Prochet.
Nel 1865 a fronte dell’embargo del cacao  e per rispondere alle richieste di cioccolato dei torinesi, decisero di sfruttare la collaborazione con la vicina Alba, scommettendo sulla già famosa nocciola Tonda Gentile delle Langhe.
Prochet ebbe l’intuizione geniale di sostituire nell’impasto i pezzetti di nocciola, facendola tostare e macinare, rendendola così simile ad una crema alla quale venivano poi aggiunti il cacao e lo zucchero.
Unica pecca: il risultato era un impasto molto denso che non poteva essere lavorato a  stampo. Prochet decise allora di inventare un particolare formato di cioccolatino, piccolo e piramidale, realizzato a mano e confezionato dentro una carta stagnola dorata simile ad una barca rovesciata.
Lo chiamò “Givò” che in dialetto piemontese significa “mozzicone di sigaro”.
A quel punto bisognava far conoscere il prodotto ai torinesi e si penso di pubblicizzarlo durante il Carnevale.
A quei tempi il Carnevale di Torino era famoso in tutta Italia e le maschere tipiche della tradizione erano solite lanciare dolciumi alla folla, Caffarel usò così la maschera di Gianduja (Giovanni del boccale) per distribuire i suoi Givò alla gente.
Gianduja era ed è la maschera più conosciuta della tradizione piemontese  e incarna lo stereotipo del galantuomo locale allegro  e godereccio ma anche caritatevole.
La maschera di Gianduja, in testa al corteo di carri allegorici, distribuì cioccolatini a tutti. Sull’incarto era stampato il suo ritratto e così tutti iniziarono a chiamarli Gianduiotti, nome con cui il prodotto divenne famoso.
L’altra importante novità introdotta da Caffarel fu quella di distribuire i cioccolatini in singoli incarti sui quali era raffigurata la celebre maschera (licenza possibile solo all’azienda in quanto depositaria del marchio).
Oggi i Gianduiotti  sono conosciuti come eccellenze italiane e sono prodotti in tutto il mondo dalla maggiori industrie del cioccolato, come Peyrano, Novi, Fiorio , Pernigotti e la sola Caffarel ne produce 40 milioni all’anno.
Tutto questo grazie al Blocco di Napoleone e al genio di due imprenditori.