Vino
deriva dalla parola sanscrita “vena” formata dalla radice ven (amare), la
stessa della parola Venus, Venere. Il vino è dunque, da sempre, legato
all’amore, alla convivialità, alla gioia di vivere, alla cristianità, parte
integrante del rito della Messa. Esso
rilassa il corpo e la mente, ci inebria e ci predispone allo scambio con l’altro.
L’origine
del vino si perde nella notte dei tempi ed è un po’ la storia dell’umanità, c’è
chi, addirittura, fa risalire l’origine
della vite sino ad Adamo ed Eva, ipotizzando che il frutto proibito del
Paradiso terrestre non fosse la mela ma l’uva: la Bibbia, nella Genesi, ci
racconta che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro
sulla sua arca e che, terminato il diluvio, la piantò ottenendo una vigna e si
ubriacò del suo vino.
Il
Piemonte è terra di nobili vini su cui sono stati scritti trattati ed
enciclopedie: ad essi sono stati dedicati musei, itinerari, scuole di alta
specializzazione e quant’altro.
Quando si pensa ai pregiati vini piemontesi non si può fare a meno di pensare alle colline su cui crescono vigneti stupendi, con i tipici caldi colori autunnali, non solo belli da vedere per le loro armoniose geometrie, ma oggi ancor più importanti per un’economia agricola sempre più radicata ed efficace.
Quando si pensa ai pregiati vini piemontesi non si può fare a meno di pensare alle colline su cui crescono vigneti stupendi, con i tipici caldi colori autunnali, non solo belli da vedere per le loro armoniose geometrie, ma oggi ancor più importanti per un’economia agricola sempre più radicata ed efficace.
Ogni grappolo racconta il miracolo delle stagioni, del sole,
della pioggia, di un lavoro che ha mille sfumature da percepire. Questa è la
fantastica magia di un popolo di lavoratori che ha fatto di quel vino un
miracolo, un miracolo che vede nella vendemmia la sua sublimazione quando il
grappolo abbandona la vigna e va a riposare nel legno. Nel riposo si
determinerà la grande annata che arriva da una terra speciale dove un gruppo di
agricoltori, lavorando insieme, hanno dato dignità al vino. Questa
piccola storia, quasi una favola, ha fatto si che molti agricoltori del passato
non abbandonassero il loro podere, quella grande idea, quell’attaccamento al
territorio, ha garantito il decoro, ha dato lustro e grandezza al lavoro di
questi campi e di queste colline. Oggi quelle uve, quel vino sono diventati un
simbolo dell’Italianità nel mondo e quella cantina un punto di riferimento
culturale per un piccolo mondo antico che conserva gelosamente il passato e
dona alla modernità un emblema.
A
inizio ottobre, quando gli acini sono gonfi e dolci, inizia un rito molto
importante, che ha un fascino arcaico e magico: la vendemmia.
Inizia
così la trasformazione dell’uva che diventerà quel nettare che tutti conosciamo
con il nome di vino.
I
grappoli vanno raccolti manualmente prestando molta attenzione al trasporto:
l’uva deve arrivare integra e asciutta per poter poi procedere immediatamente alla
“diraspatura” (separare l’uva dai
raspi) e alla pigiatura.
Incomincia
quindi la fermentazione, cioè quel
processo che porterà l’uva a trasformarsi in vino.
La
vinificazione avviene grazie ai
lieviti che si trovano sulle bucce degli acini e che trasformano gli zuccheri
dell’uva in alcol etilico (fermentazione
alcolica) e, spesso, per ottenere dei vini di alta qualità, sono aggiunti
al mosto dei lieviti selezionati.
Ogni
tipologia di vino (rosso, bianco, rosato) seguirà un suo percorso di vinificazione,
vediamo in cosa consiste:
Vinificazione in rosso
Il
processo della vinificazione in rosso
inizia togliendo subito il raspo per
evitare che trasmettano troppi tannini che diluirebbero il colore, al
contrario, a questo scopo, sono lasciati le bucce e i semi (vinaccioli) che donano al vino il colore rosso. Più tempo le bucce
restano a contatto con il mosto, più forte sarà l’intensità del colore. Di
solito questo tempo oscilla tra i 4/5 giorni per i rossi più leggeri, fino ad
arrivare a un massimo di un mese per i grandi rossi (Barolo, Brunello, Barbaresco) ricchi di tannini, da far
invecchiare.
Concluso
questo processo, seguito scrupolosamente con continui rimontaggi, cioè con apporti di ossigeno al mosto per consentire ai
lieviti di moltiplicarsi e impedire così arresti di fermentazione, si procede
alla “svinatura”.
Si
tolgono dal mosto le parti solide, cioè le vinacce,
e sono torchiate per estrarre il vino che contengono; si tratta di un vino di torchio, molto ricco di colore e di tannini che è
vinificato a parte e aggiunto al vino fiore
per dargli spessore.
Il
mosto è quindi travasato in contenitori d’acciaio, dove continua una
fermentazione lenta, alla quale fa seguito una seconda fermentazione detta malolattica innescata dai batteri e non
dai lieviti come nella fermentazione
alcolica.
A
questo punto il vino comincia il suo processo
di maturazione: il colore acquista tonalità meno vive e più calde, il
sapore diventa pieno e rotondo.
Dopo
la maturazione, per i vini adatti, segue la fase d’invecchiamento in grandi
botti o in piccoli fusti di rovere (barriques,
fusti di legno di quercia da 225 litri) che conferiscono al prodotto aroma di
spezie e legno.
La
durata di questo riposo sarà definita dal tipo di vino e dai suoi disciplinari:
due anni o più per ottenere il titolo “riserva”.
L’invecchiamento
continuerà nelle bottiglie perché l’ambiente privo di ossigeno porterà il vino
al suo equilibrio ottimale.
Vinificazione in bianco
La
vinificazione in bianco differisce
da quella in rosso perché le parti solide dell’uva non devono rimanere a
macerare con il mosto, vanno quindi separate immediatamente utilizzando delle
apposite pigiatrici, con membrane a
camera d’aria, che comprimo l’uva con molta delicatezza e consentono alla parti
solide di non cadere nella vasca insieme al mosto. Le vinacce sono torchiate subito e il risultato della torchiatura può
essere aggiunto, in parte o tutto, al mosto. Questo mosto, quasi privo si
tannini, è particolarmente delicato e necessita di molte attenzioni.
Per
ottenere un vino bianco fruttato, da bere giovane, è opportuno farlo fermentare
in un tank di acciaio a 18°C: se, al contrario, vogliamo un vino da
invecchiamento, bisogna farlo fermentare in botti di legno o barriques. In
questo modo il vino trarrà dal legno i tannini necessari alla sua durata e conservazione.
Vinificazione in rosato
I
vini rosati si ottengono vinificando
in bianco le uve a bacca rossa; il mosto è mantenuto pochissimo a contatto con
le vinacce (24/36 ore), quindi si svina e
si fa fermentare il mosto a bassa temperatura, esattamente come per i bianchi.
I
vini rosati, freschi e fragranti, devono essere consumati entro un anno dalla
loro produzione.
Vino Novello
Si
tratta in un vino fresco e profumato, deve il suo nome al fatto che è prodotto
subito dopo la vendemmia e non è assolutamente adatto all’invecchiamento.
Per
ottenerlo si utilizza la tecnica della macerazione
carbonica, in altre parole, l’uva non
pigiata è messa, tutta intera
(raspi compresi), per 7/9 giorni, in
serbatoi privati dell’aria mediante l’immissione di anidride carbonica, questo
fa sì che i lieviti migrino dalla buccia alla polpa in cerca di ossigeno e
acqua, dando così inizio a un processo
di fermentazione.
Si
procede poi alla vinificazione in rosso, con una pigiatura leggera e un’altra
fermentazione di ¾ giorni. Il vino ottenuto è leggero e dal sapore molto simile
al chicco d’uva. Non può essere commercializzato prima del 6 novembre e il
termine ultimo per l’imbottigliamento è il 31 dicembre dello stesso anno della
vendemmia.
Autore: Maria Antonietta Grassi
Bibliografia:
Enoteca Italiana – Tutto Vino- Giunti Demetra Editore
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