Si tratta di una piccolissima produzione: in tutto si arriva
a circa 60 quintali. Una cifra irrisoria rispetto, ad esempio, alle 50 mila
tonnellate annue di trote che si allevano in Italia o alle 1800 di pesce gatto.
Parente di carpa, barbo, cavedano e arborella, la tinca dalla forma gibbosa e dalla livrea dorata – detta appunto «gobba dorata» – è allevata da sempre negli stagni del Pianalto di Poirino. In quest’area, ai confini tra le province di Torino, Cuneo e Asti, esistono numerosi laghetti artificiali già dal XIII secolo. Qui, un tempo, ogni famiglia contadina aveva una peschera o una tampa – così si chiamano nel dialetto locale gli stagni adibiti ad abbeveratoio per gli animali o a serbatoio per l’irrigazione – e vi teneva le tinche per il proprio fabbisogno. La pesca si pratica nei mesi più caldi: in passato coincideva con il periodo della mietitura del grano, ma oggi le tinche si «raccolgono» da aprile a ottobre, ad almeno un anno dalla nascita.
Morbide, saporite e senza quel sapore di terra (nita) che spesso caratterizza i prodotti di minore qualità, le tinche del Presidio sono protagoniste della cucina tipica roerina.
Se vi capita di passare dalle parti del Roero, non perdete l’occasione di assaggiarle: molti ristoranti della zona le servono abitualmente. La ricetta classica le vuole fritte e poi marinate in un’emulsione di aceto, vino bianco ed erbe aromatiche: è il classico carpione piemontese, da mangiare freddo come piatto estivo. Ma meglio ancora ne scoprirete la finezza se le gusterete preparate come sotto descritto.
Parente di carpa, barbo, cavedano e arborella, la tinca dalla forma gibbosa e dalla livrea dorata – detta appunto «gobba dorata» – è allevata da sempre negli stagni del Pianalto di Poirino. In quest’area, ai confini tra le province di Torino, Cuneo e Asti, esistono numerosi laghetti artificiali già dal XIII secolo. Qui, un tempo, ogni famiglia contadina aveva una peschera o una tampa – così si chiamano nel dialetto locale gli stagni adibiti ad abbeveratoio per gli animali o a serbatoio per l’irrigazione – e vi teneva le tinche per il proprio fabbisogno. La pesca si pratica nei mesi più caldi: in passato coincideva con il periodo della mietitura del grano, ma oggi le tinche si «raccolgono» da aprile a ottobre, ad almeno un anno dalla nascita.
Morbide, saporite e senza quel sapore di terra (nita) che spesso caratterizza i prodotti di minore qualità, le tinche del Presidio sono protagoniste della cucina tipica roerina.
Se vi capita di passare dalle parti del Roero, non perdete l’occasione di assaggiarle: molti ristoranti della zona le servono abitualmente. La ricetta classica le vuole fritte e poi marinate in un’emulsione di aceto, vino bianco ed erbe aromatiche: è il classico carpione piemontese, da mangiare freddo come piatto estivo. Ma meglio ancora ne scoprirete la finezza se le gusterete preparate come sotto descritto.
Fonte: Fondazione
Slow food
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Ingredienti
per 4 persone:
4
filetti di tinca
50
gr. di burro
1
mazzettino piccolo di prezzemolo
farina
q.b.
1
spicchio d’aglio
4
filetti d’acciughe dissalate o sottolio
vino
bianco secco
sale
q.b.
Procedimento
Lavate
e sgrondate il prezzemolo e tritatelo con le acciughe.
Infarinate
i filetti di tinca ed eliminate la farina in eccesso poi poneteli in una
casseruola con metà del burro, lo spicchio d’aglio tagliato a metà, fateli
dorare, spruzzateli con il vino bianco e lasciatelo evaporare. Togliete i
filetti dal fuoco e teneteli al caldo, eliminate l’aglio. Nel fondo di cottura
mettete il rimanente burro, due cucchiai di farina, il prezzemolo tritato con i
filetti, un po’ di sale (attenzione chele acciughe sono già salate) e fate dorare, unite le tinche e terminate la
cottura, se è il fondo dovesse asciugarsi troppo aggiungete un pochino di acqua
calda. Disponete i filetti nei singoli piatti, ricoprite con il fondo di cotura
e servite subito.
Accompagnate
con patate bollite o con una insalatina
mista.
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