martedì 5 settembre 2023

Ratatouille – Ratatuia

Una pietanza povera ma ricca di nutrienti.
Non si capisce bene se sia nata al di qua o al di là delle Alpi, dove di chiama ratatouille. Facendo riferimento a questo termine che in lingua d’oc  (occitana) vuol dire “mescolare”, gli viene attribuita un’origine provenzale.
Tuttavia occorre notare che in Piemonte, oltre la linea Saluzzo-Pinerolo-Susa-Lanzo si è sempre parlato e si continua a parlare occitano.


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Ingredienti per 4 persone:

1 peperone rosso
1 peperone giallo
1 grossa cipolla
1 melanzana media
2 carote
4 zucchine
2 coste di sedano
2 cucchiai di prezzemolo tritato
Origano q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Pulite, lavate e tagliate i peperoni , le carote e le zucchine a julienne, la cipolla a spicchi , il sedano a rondelle e melanzana a dadini
Mettete 4 cucchiai d’olio in una padella e fate rosolare dolcemente le cipolle, i peperoni, il sedano   e le carote per 15 minuti, toglieteli  dalla padella, aggiungete (se è il caso) un po’ d’olio e le zucchine. Fatele cuocere per altri 10/15 minuti, toglietele ed aggiungetele alle altre verdure già cotte. Cuocete anche i dadini di melanzana per 5 minuti.
Rimettete in padella tutte le verdure, aggiungete il prezzemolo, l’origano, il sale e lasciate insaporire per 5 minuti.
Volendo potete aggiungere anche dei ceci e 2 cucchiai di passata di pomodoro.



lunedì 20 febbraio 2023

Tirà piemontese

Un dolce tipico piemontese consumato prevalentemente nelle feste ,Carnevale incluso. E’  una brioche morbidissima, a forma di ciambella,  arricchita con uvetta e mele candite.

Deve il suo nome al fatto che veniva consumato nelle giornate di Leva, giorni in cui venivano “tirati” i numeri, ovvero quando le nuove reclute venivano sorteggiate per andare a prestare servizio, “Al Tiràj” o “I tiràgi”. Ogni anno, fino al 1926 con la legge sull’ordinamento militare durante il Regno d’Italia, il contingente dei giovani coscritti al compimento dei 21 anni di età veniva selezionato e ripartito in base al sorteggio di un numero che stabiliva la categoria e la durata del servizio militare; una festa che, nel Monferrato, occupava l’intera comunità per diversi giorni, intrattenuta da musica e balli e, ovviamente, anche dai dolci. La Tirà veniva consumata spesso con il miglior vino a disposizione delle famiglie contadine, la riserva tradizionalmente prodotta nell’anno di nascita della recluta, messa da parte ed imbottigliata per essere bevuta in quel giorno tanto particolare.

Una torta, insomma, che ci narra di un tempo diverso, ma che ancora oggi, sebbene diversa da una volta, viene apprezzata e ricordata dalla comunità che ne ha dato i natali.

Fonte: Piemonte Top News


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Ingredienti :

500 gr di farina 0

3 tuorli d’uovo
150 gr di latte
70 gr di zucchero
1 pizzico di sale fino
15 gr  lievito di birra fresco
150 gr di burro a temperatura ambiente
25 gr di uvetta
250 gr di mele spadellate
20 gr di zucchero

Procedimento

Sciogliete il lievito di birra nel latte.

Mettete a bagno l’uvetta.
In una ciotola mettete la farina e  lo zucchero, aggiungete poco alla volta il latte con il lievito e iniziate ad impastare.
Quando avrete ottenuto un composto omogeneo aggiungete i tuorli  uno alla volta, continuando ad impastare per circa 15/20 minuti.
Aggiungete il sale e lavorate fino a rendere l’impasto morbido e liscio.
Unite il burro a pomata, poco alla volta, sempre impastando per inglobarlo uniformemente.
Scolate e strizzate l’uvetta e infarinatela leggermente, incorporatela all’impasto e distribuitela uniformemente .
Mettete l’impasto in una ciotola unta, coprite con la pellicola, e dopo 40 minuti ripiegate l’impasto su se stesso sempre all’interno della ciotola.
Coprite e lasciate lievitare ancora un’ora.
Nel frattempo tagliate a cubetti le mele e spadellatele per qualche minuto con i 20 gr di zucchero.
Trascorsa l’ora, riprendete l’impasto, mettetelo sulla spianatoia infarinata e allargatelo leggermente con le mani, in modo da ottenere un rettangolo.
Distribuite sopra, al centra, le mele spadellate e arrotolate l’impasto sulle mele, dal lato lungo.
Inserite il rotolo in uno stampo da ciambella imburrato e infarinato,coprite e lasciate lievitare fino al raddoppio del volume.
A lievitazione ultimata, cuocete in forno statico e già  caldo alla temperatura di 180°C per 45 minuti.
Una volta sfornata e raffreddata, la potete cospargere con un po’ di zucchero a velo.

lunedì 19 dicembre 2022

Patate alla savoiarda

Le patate alla savoiarda sono un piatto rustico tipico della cucina piemontese e nascono dalla fusione di due culture, quella piemontese e quella francese.0
Devono il loro nome ai Savoia che regnarono in Piemon9te fino al XIX secolo ma la casata aveva anche possedimenti in Borgogna (regione della Francia orientale) motivo per cui le due culture si influenzarono culturalmente a vicenda dando origine a ricette come questa.
I due regni, quello francese e quello italiano, furono spesso in lotta tra loro ma questi conflitti produssero anche dei rapporti commerciali e culturali tra i due Stati che arricchirono l'un l'altro su molti fronti incluso quello culinario. Per questo motivo ritroviamo ancora oggi ricette e tradizioni simili che accomunano alcuni territori francesi e alcune zone del Piemonte.

Sono moltissime le ricette tipiche piemontesi che fondono quelle della tradizione popolare con quelle che derivano dalla casata reale dei Savoia.

Le prime vengono ancora oggi preparate con ingredienti semplici e di queste fanno parte anche le patate alla savoiarda, un piatto semplice e gustoso che richiede pochi ingredienti: patate, formaggio, latte e burro.

La ricetta molto simile ma più raffinata è quella francese Gratin dauphinois , piatto a base di patate e crème fraîche originario della provincia del Delfinato, da cui deriva il nome.

Altri esempi di piatti tipici che si possono trovare nella cucina francese e che gustiamo normalmente anche nella nostra regione sono la tartiflette, che si prepara con patate, formaggio reblochon, cipolla e pancetta e la raclette, una fonduta di formaggio generalmente servita con patate al cartoccio verdure miste salumi e insaccati affettati.

 

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Ingredienti per 4 persone:

600 g di patate

80 ml di latte intero
120 g di gruviera tagliata a fettine sottili
40 g di burro
Sale fino e pepe bianco q.b.

 

Procedimento

Mettete le patate  (senza sbucciarle o si impregnerebbero troppo di acqua) in una pentola con dell’acqua fredda e portate ad ebollizione, cuocete per dieci minuti e scolate.

Lasciatele raffreddare, pelatele e tagliatele a fette spesse circa un cm.
Accendete il forno (statico) e portatelo alla temperatura di 180°C.
Prendete una pirofila e disponete le fette in un unico strato accavallandole leggermente, salate e pepate.
Ricoprite completamente con le fettine di formaggio, con fiocchetti di burro e irrorate il tutto con il latte.
Infornate (il forno dovrà già essere a temperatura) e fate cuocere per circa mezzora, quando saranno ben dorate, sfornate e servite.

 

venerdì 16 dicembre 2022

Cavolfiore alla Cavour

 "Cattura più amici la mensa che la mente “, è una frase famosa che il conte di Cavour amava ripetere e, pare, che nei bagagli dei suoi diplomatici, ci fosse sempre una bottiglia del Barolo che lui stesso, sotto l’attenta guida dell’enologo francese Louis Oudart,  usava come “arma segreta” per vincere le trattative più ostiche. Quanto l’ultimo aneddoto, raccontato dalle cronache dell’epoca, sia effettivamente vero, ahimè, è difficile dirlo: sicuramente, però, Camillo Benso conte di Cavour fu un uomo appassionato del buon vino e della buona cucina. “Nostro figlio è un ben curioso tipo. Anzitutto ha così onorato la mensa: grossa scodella di zuppa, due belle cotolette, un piatto di lesso, un beccaccino, riso, patate, fagiolini, uva e caffè. Non c’è stato modo di fargli mangiar altro! Dopodiché mi ha recitato parecchi canti di Dante, le canzoni del Petrarca… e tutto questo passeggiando a grandi passi in vestaglia con le mani affondate nelle tasche“, scrisse il padre, il marchese Michele Benso di Cavour, in una lettera alla moglie.
Una passione, quella gastronomica, che lo accompagnerà per tutta la vita. Proprio dal suo interesse per la cucina contadina, e per la precisione della cucina contadina della sua regione, il Piemonte, discende l’inconfondibile impronta delle ricette “alla Cavour”, e sappiamo che lo stesso conte contribuì in Parlamento con specifiche leggi a favore della risicoltura e della viticoltura. Per comprendere l’influenza di questa personalità italiana sulle vicende gastronomiche della nostra regione basti pensare che, all’interno de “Il Gastronomo moderno” di Borgarello, edito nel 1904, sono riportati diversi piatti così chiamati “alla Cavour”: tra questi, un potage, una crema di riso al brodo con tuorlo, una tête de veau, un cappone, un gelato al limone, ed un pudding di riso.
Questa ricetta che oggi vi propongo è una di quelle particolarmente amate dal conte e che, per questo motivo, porta il suo nome.

Fonte:  Piemonte Top News

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Ingredienti per 4 persone:

1 cavolfiore bianco non troppo grande

2 uova sode
2 acciughe sott'olio
80 g di burro
60 g di Parmigiano Reggiano
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 limone (succo)
Sale q.b.

 

Procedimento

Pulite il cavolfiore eliminando le foglie e la base del torsolo, suddividete le cimette e lessatele in acqua salata per circa dieci minuti, dovranno risultare tenere ma non stracotte.

Scolatele bene e ripassatele in padella con quaranta grammi di burro.
Nel frattempo, rassodate le uova mettendole nell’acqua fredda e calcolando il tempo di cottura in dieci minuti dall’ebollizione.
Trascorso il tempo scolate le uova e passatele sotto l’acqua fredda per qualche minuto, servirà a facilitarne lo sgusciamento.
Accendete il forno e portate la temperatura a 180°C.
Imburrate una pirofila e deponeteci le cimette, cospargetele con il Parmigiano e infornate (forno già a temperatura) e fate cuocere per dieci minuti.
Sgusciate le uova e tritatele e raccoglietele in una ciotola insieme al prezzemolo e alle acciughe sminuzzate.
In un pentolino fate fondere il rimanente burro, aggiungete un cucchiaio di succo di limone e versatelo nella ciotola con le uova, amalgamate bene.
Sfornate le cimette e versate sopra la salsina alle uova, servite subito.

 

 

giovedì 15 dicembre 2022

Agnolotti del plin con burro e salvia- Agnolòt dël plin con bur e salvia

L’agnolotto del plin  riconosciuto da anni come Prodotto Agrolimentare Tradizionale fa parte del bagaglio culturale di Langa legato al buon cibo. Il suo nome deriva dal “pizzicotto” che manualmente viene dato per chiudere il ripieno all’interno della sottile pasta sfoglia. Ogni singolo raviolo risulta così unico e diverso a riprova della sua artigianalità. Esistono vari tipi di questo particolare agnolotto: il classico di carne e verdura, particolarmente prelibato e ricercato, quello di sola carne sempre di razza bovina piemontese, quello di sole verdure da servire con un sughetto leggero di pomodoro. Il plin di Robiola di Roccaverano, quello al brasato al Barolo, quello di brasato di vitello e tartufo, di fonduta e tartufo e infine quello di gallina bionda.


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Ingredienti per 4/6 persone

Per la pasta
250 gr di farina
3 uova
5 gr di sale

 

Per il ripieno

 100 gr di coscia di vitello

100 gr di lonza di maiale

50 gr di salsiccia

½ cipolla piccola

½ gamba di sedano

50 gr di spinaci

1 cucchiaio di Parmigiano Reggiano

50 gr di burro

Rosmarino, noce moscata, pepe, sale q.b.

 

Per condire

100 gr di burro

Una ventina di foglie di salvia

 

Procedimento


Il ripieno potete preparalo già il giorno prima .

In una casseruola fate scaldare il burro, aggiungete la cipolla e il sedano tagliati a dadini molto piccoli,  il rosmarino tritato e fate dorare il tutto per alcuni minuti. Aggiungete le carni e fatele cuocere come un arrosto, aggiustate di sale.

Lavate gli spinaci,  e saltateli in padella con un cucchiaio d’olio.

A termine cottura estraete le carni dal tegame,  lasciatele intiepidire poi unite gli spinaci, un pochino del sugo di cottura delle carni  e tritate tutto con un mixer.

Aggiungete il Parmigiano Reggiano, l’uovo, la noce moscata e l’uovo.

Amalgamate bene tutto e lasciate riposare.

Mettete la farina e il sale sulla spianatoia, fate un buco al centro e aggiungete le uova. Impastate tutto, fino a ottenere un impasto compatto e omogeneo, formate una palla e lasciatela riposare per circa mezz’ora.

Riprendete l’impasto e, con il mattarello, tirate la sfoglia, sottile, e tagliate dei rettangoli.
Disponete sul lato lungo del primo rettangolo le palline di ripieno.
Ripiegate la pasta sul ripieno, in modo da formare un cordoncino di circa 1,5 cm di larghezza, e fatela aderire bene.
Pizzicate il cordoncino di pasta tra una parte di ripieno e l’altra, in modo da separare i ravioli. Quindi, divideteli con una rotella dentellata. Lasciateli riposare per almeno un' ora.
Lessate  i ravioli in abbondante acqua bollente salata e nel frattempo sciogliete lentamente a fuoco bassissimo il burro in tegame, quando sarà completamente fuso unite le foglie di salvia spezzettate e fate insaporire per un minuto.
Scolate gli agnolotti e condite.

Servite  con del Parmigiano Reggiano  presentato a parte in una formaggiera.

 

 

Funghi trifolati - Bolè trifola

 I funghi trifolati sono un contorno tipico della tradizione culinaria piemontese: semplicissimo da realizzare, può essere preparato anche con altri tipi di funghi.
Questo delizioso alimento cresce generalmente da settembre a novembre ed è proprio in questo mese che possiamo trovare quelli più gustosi.  I funghi contengono sali minerali, vitamine, acido folico e betacaroteni che contribuiscono a rafforzare il sistema immunitario, sono ottimi antiossidanti e hanno proprietà antiinfiammatorie, depurative e lassative. Per queste loro caratteristiche contribuiscono a tenere sotto controllo la pressione alta ed il colesterolo.
I funghi sono capaci di agire come un vero e proprio antibiotico naturale e mantengono alto il livello degli anticorpi. Per il loro basso contenuto calorico (22 kcal per 100 gr.) sono ideali per diete ipocaloriche.
Sono controindicati a chi è allergico alle muffe e ai lieviti e a chi soffre di gotta e calcoli renali.
È bene tener presente che la famiglia dei funghi comprende ben 3000 specie, ma solo un centinaio sono commestibili e quelli velenosi che possono rappresentare un grave rischio per la nostra salute, per cui è meglio affidarsi per la loro raccolta a persone esperte.
Vanno consumati entro breve tempo dalla loro raccolta (massimo due giorni di conservazione in frigorifero, nello scomparto della frutta e verdura, dopo averli ripuliti e spazzolati per eliminare residui terrosi), il gambo deve essere sodo e compatto, il cappello integro e senza muffe, l'odore gradevole.
Tenete presente che funghi commestibili, se mal conservati, possono essere pericolosi per la saluti come quelli velenosi. 

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Ingredienti per 4 persone:

1 kg. di funghi porcini

1 spicchio d'aglio
3 cucchiai di prezzemolo tritato
Olio extravergine q.b.
Sale e pepe q.b.


Procedimento

Raschiate il gambo dei funghi ed eliminate la terra con un panno inumidito o con della carta da cucina inumidita. (i funghi non vanno lavati sotto l'acqua corrente perché si impregnerebbero troppo). Tagliate a cubetti i gambi e a spicchi le cappelle.

Versate l'olio nella padella e aggiungete lo spicchio d'aglio tritato
Aggiungete i gambi dei funghi e fateli saltare a fuoco allegro per cinque minuti, unite le cappelle e   continuare la cottura per altri dieci minuti. Due minuti prima del termine della cottura salate, pepate ed aggiungete il prezzemolo.
Servite subito.

 

 

 

 


 

 

 

lunedì 22 agosto 2022

Tomini alla piastra -Tumin

 Il tomino è un piccolo formaggio piemontese che si produce con latte vaccino, ovino, oppure caprino, in base alle tradizioni del territorio e degli allevatori.
Il suo nome deriva dal dialetto piemontese “Tuma” (Toma in italiano) che indica la caduta della caseina per via del caglio e Tumin (tomino) quello più piccolo.
Le sue origini si perdono nella notte dei tempi al punto che non si riesce a dare una precisa datazione iniziale.
Il Tomino ha forma circolare e può essere fresco o stagionato. Quello fresco non ha crosta è di colore bianco latte, di consistenza molto fine e tenera e si consuma servito con sopra del bagnetto verde o del peperoncino (tomino elettrico) o semplicemente con un filo d’olio versato sopra, con del miele o della confettura e deve essere consumato nel giro di pochi giorni dal suo acquisto poiché ha un tempo di deperimento molto rapido.
Quello stagionato ha una crosta spessa qualche millimetro di colore bianco con tonalità giallo-rossicce, dovute alla paglia di segale sulla quale viene fatto maturare dalle due alle quattro settimane, si può consumare crudo ma esprime il meglio delle sue caratteristiche se consumato alla piastra avvolto da una fetta di pancetta o speck o prosciutto crudo.
Avendo una crosta molto sottile non si scioglie, ma si fonde invece l’interno del formaggio che diventa perciò cremoso.
In Piemonte esistono ben undici varianti di questo formaggio: Canavesano fresco o maturo, di Sordevolo, di Saronsella, di Bot, di Talucco, di Casalborgone, di Melle, di Rivalta, delle Valli Saluzzesi e di San Giacomo di Boves.

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Ingredienti per 4 persone:

4 tomini

100 gr di pancetta tagliata a fette non troppo sottili

Procedimento

Come spiegato sopra  la parte bianca esterna non va eliminata ma avvolgete ogni tomino nella pancetta così com’è.

Scaldate senza aggiungere grassi una piastra o una padella antiaderente, adagiate i tomini e fateli cuocere per qualche minuto, la pancetta deve diventare croccante ma non deve bruciare e il formaggio deve essere morbido e quando lo taglierete dev’essere filante.
Servite subito accompagnando, come nella foto, con qualche asparago cotto a vapore e delle uova sode o con una semplice insalata.